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TerrAccogliente: quale denominazione per il nostro territorio?

 

L’architetto Giuliano Di Menna propone un’attenta riflessione sulla denominazione del territorio “TerrAccogliente”, ripercorrendo la storia del paesaggio teatino.

“TerrAccogliente” è una porzione di spazio di quelle “colline marchigiano-abruzzesi”, mirabilmente descritte da Aldo Sestini nel 1963, da cui prendiamo a prestito le parole: “La fascia di terreni pliocenici, che nell’Emilia e in Romagna abbiamo visto orlate dalle estremità dei contrafforti appenninici, si allarga oltre la Marecchia, modellata in dolci colline, e si protrae fino ai margini del Tavoliere di Puglia, costeggiando l’Adriatico con un’ampiezza di 15-30 Km. Attraverso le Marche e l’Abruzzo (ma non di là del Trigno) questa zona offre un paesaggio assai ben definito e omogeneo; ma il rilievo collinare si spinge ancora per 10-15 Km più all’interno, fino all’incontro con le prime catene calcaree, in terreni del miocene. Abbiamo così una seconda fascia interna di colline, che non appare sempre sensibilmente distinta dalla prima e comunque ha in comune con quella alcuni caratteri essenziali, oltre alla modestia del rilievo e il suo minuzioso frazionamento, reso evidente dal fitto reticolo idrografico”.[1]

In questo paesaggio geografico  che ha la sua costanza di forme, segni e palinsesti naturali dilatati per quasi 300 Km, da nord a sud – dalla Romagna alle Puglie, l’antica etnia dei Marrucini si è evoluta  nella civiltà sannitico-romana, confrontandosi con popoli venuti dal nord e dalla costa dalmata; ha consolidato la propria identità culturale fatta di tradizioni popolari, alimentazione, lingua, economia agricolo-pastorale con i Tratturi, e che, evolvendosi nei secoli, è giunta fino ai nostri giorni. Un territorio che ha la sua unica capitale in Teate o Chieti, città in cui si conservano memorie archeologiche a partire dal IV sec. A.C e che vanta un ricco patrimonio monumentale.

Come denominare il territorio di “TerraAccogliente”?

Ricorriamo ai geografi e storici del passato che nel descrivere questa parte d’Abruzzo ebbero la stessa necessità di identificarla. Il geografo Leandro Alberti, nel 1558, ricordò che i Normanni scelsero la loro capitale in  Teateper la gentilezza del luogo, ov’ella è posta, che la fecero il loro seggio sopra tutti gli altri luoghi dell’Abruzzo[2] e ne costituirono un “Comitato” (contea)  destinato a durare per secoli con a latere l’altra importante Contea di Manoppello (includente Bucchianico e una parte dei luoghi pedemontani fino all’odierna Guardiagrele).

Era l’epoca in cui la varietà dei contesti naturali e la frantumazione feudale rafforzarono quasi un’organizzazione “cantonale” di tutta la regione, non a caso denominata al plurale “Abruzzi”, come hanno sottolineato alcuni studiosi[3].  In Epoca Moderna furono i nomi delle “capitali” locali (Teramo, Penne, Chiete, Lanciano, Il Vasto) aggiunte alle parole “territorio” o “destretto” a identificare le varie aree amministrative da loro controllate, sia culturalmente che economicamente.

A comporre il tessuto dei centri urbani, dal Quattrocento in poi, erano le “Terre”, i “Castelli” e “Feudi”, identificati dai toponimi, quasi tutti fondati o rigenerati dopo il sec. XI, nell’ambito di quel fenomeno detto “incastellamento” che portò alla strutturazione di quasi tutti gli insediamenti che sono all’origine degli odierni centri storici regionali. A parlare di “Terra”, intesa come “luogo abitato, centro urbano” sono gli Statuti di Villamagna del 1511 e quelli più antichi della Bagliva di Orsogna del sec. XIV. A ribadire la denominazione di “Terra”, nel significato odierno di “centro urbano” furono soprattutto i Catasti onciari, redatti tra il 1742 e 1747 di cui si conservano le copie per tutti i Comuni di TerrAccogliente (Bucchianico, Casalincontrada, Fara F. Petri, Roccamontepiano, Pretoro, S. Martino sulla Marrucina, Vacri) e altri (Villamagna, Chieti, Manoppello, Casacanditella) quasi tutti pubblicati; di controparte le parole “fuori la Terra” e “fora” indicavano i terreni della campagna coltivata che cingevano i centri urbani, affiancate anche dalle definizioni “vicenna”, “frattoso”, “selva”, “inospitale” che indicavano rispettivamente suoli coltivati saltuariamente e luoghi selvatici.

Anche  i geografi che hanno descritto le località abruzzesi dal Seicento in poi (Scipione Mazzella Napolitano, Giuseppe Maria Galanti ad esempio) usarono la parola “Terra” nel significato dato dai documenti amministrativi e notarili sia precedenti che dell’epoca.

Il significato di “Terra” è stato poi ribadito nel 1861 da Niccolò Tommaseo nel Dizionario della Lingua Italiana: Terra– “Per Luogo, Provincia, Paese, Regione. Petr. Canz. 8. 3. part. I. (C) Questo e quell’altro rivo Non convien ch’i’ trapasse, e terra mute. E cap. 6. Poi vidi il padre nostro, a cui fu detto Ch’uscisse di sua terra. Bocc. Nov. 7. g. 2. ecc.”.

Anche il geografo Lorenzo Giustiniani, nel 1805-6, nel suo Dizionario ragionato del Regno di Napoli, nel descrivere i piccoli centri urbani usa la definizione “Terra” a latere di “città” e talvolta “villaggio”. A titolo di esempio si riporta la descrizione di Bucchianico, evidenziando che nel suddetto Dizionario vi sono illustrate in ordine alfabetico tutte le località di nostro interesse:

 

Interessante anche l’identificazione territoriale utilizzata dagli studiosi contemporanei: il paesaggistica Franco Farinelli[4] parla di “Abruzzo adriatico”, “Teramano”, “Chietino”, lo storico Costantino Felice, parla di “Chietino”, “Sulmonese”, “Vastese”, Lancianese”[5] mentre Luigi Piccioni evidenzia l’importanza dei luoghi di forte naturalità (Parchi, riserve naturali, monumenti naturali, costa marina, fiumi, altipiani) nella identificazione dell’offerta turistica regionale negli anni a cavaliere del Terzo Millennio[6] facendo riferimento alle condizioni morfologiche (Altipiani maggiori, Costa, Valle, ecc), appetibili per il diporto e lo svago.

 

Conclusioni

Per quanto sinteticamente espresso si propone la denominazione di “Terre Teatine” il cui corsivo indica la seguente pluralità di significati:

Terre = è un richiamo alle antiche denominazioni dei nostri nuclei urbani subordinati culturalmente ed amministrativamente alla “Città” di Chieti, pur avendo solide e distinte identità culturali,  evidenti con le tradizioni popolari, feste, dialetti, talune usanze e a volte specificità economiche, aperte al confronto e dialogo da secoli; “Terra” assume anche un significato molto attuale per l’interpretazione ambientale e paesaggistica o anche letteraria oggi che tale termine racchiude in molti contesti nazionali e internazionali nelle varie lingue.

Teatine = è un necessario aggettivo di valore culturale per un territorio che ha potuto svilupparsi nell’orbita della crescita plurisecolare della sua “capitale”, sia nell’assorbimento amministrativo-feudale che nella contrapposizione. Il “Teatino” era un’area riconosciuta anche  per l’identificazione dei possedimenti cassinesi dai cronachisti benedettini (fondamentali per comprendere la strutturazione dei nostri centri antichi che, con l’incastellamento, hanno quasi tutti un’interazione con la rete insediativa monastica). E’ interessante considerare che la parola “teatino” è conosciuta in Europa e nel mondo ed è entrata nel lessico di molte lingue perché associata all’Ordine dei Teatini fondato da S. Gaetano Thiene e Paolo IV Carafa, già vescovo di Chieti. Il nome, infatti prese nome dalla nostra città. La diffusione di tale nome è accertata in Spagna, Olanda, Stati Uniti, Messico, Brasile, Argentina. In Francia (Parigi) sono noti le Théatins (en latin Ordo clericorum regularium); in Germania è nota la Theatinerkirche e Theatinerstrasse, una delle vie principali di Monaco di Baviera; in Spagna è noto l’Orden Teatino. Si tratta, quindi, di una parola che anche nelle altre lingue ha una suono familiare, riconoscibile e usuale alla pronuncia.


 

[1] Aldo Sestini, Il Paesaggio, Touring Club Italiano, 1963.

[2] Leandro Alberti Descrittione di Tutta Italia, Vinegia, 1588

[3] Angiola De Matteis, L’Ottocento preunitario: le trasformazioni in agricoltura e pastorizia, in Abruzzo, Einaudi, 2000.

[4] Franco Farinelli,“I caratteri originali del paesaggio abruzzese”, nel vol. sopracitato Abruzzo, 2000.

[5] Costantino Felice, Da oblioso contrada a laboratorio per l’Europa, nel vol. sopracitato Abruzzo, 2000.

[6] Luigi Piccioni, La natura come posta in gioco, in nel vol. sopracitato Abruzzo, 2000.

 

[Contributo dell’architetto Giuliano Di Menna – Immagine di copertina: abruzzoavventure.it]